riporto in toto per come l'ho trovata, una notizia che lascera' sgomenti il 99% dei blogger e di tutti quelli che hanno un sito di "informazioni"; a mio avviso societa' sportive comprese.
Come prim oquoto il sito di Beppe Grillo, Beppe non me ne voglia :)
http://www.beppegrillo.it/2007/10/la_legge_levipr.htmlLa legge Levi-Prodi e la fine della Rete
Ricardo Franco Levi, braccio destro di
Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per
tappare la bocca a Internet. Il
disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre.
Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.
La legge Levi-Prodi
prevede che
chiunque abbia un blog o un sito debba
registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.
I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.
L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete.
Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog?
La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di
una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come
direttore responsabile.
Il 99% chiuderebbe.
Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli
articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.
Il
disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da
perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”.
Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili.
Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia.
Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto
mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.
Ps: Chi volesse esprimere la sua opinione a
Ricardo Franco Levi può inviargli una mail a :
levi_r@camera.itecco il testo tratto da http://www.interlex.it/: Quasi tutta l'internet è "stampa" nel DDL di riforma dell'editoria |
19 ottobre - Esplode in rete il panico per le norme che vorrebbero imporre burocrazia e tasse anche sui siti internet di carattere amatoriale. Ne ho già scritto il 24 settembre scorso e ho denunciato la questione il 27, nel corso del Dialogue Forum on Internet Rights: se queste disposizioni fossero approvate, le conseguenze più gravi sarebbero la schedatura di tutti i siti che danno informazioni e l'estensione delle pene per i reati di stampa. Gli approfondimenti nei prossimi giorni. Per ora si veda l'articolo sul sito
|
Manlio Cammarata reporter e questa tratta da
Punto Informaticohttp://punto-informatico.it/p.aspx?i=2092327
Roma - Questa minaccia era proprio sfuggita agli occhi di
Punto Informatico e, purtroppo, anche a quelli di molti altri. Ma
non è sfuggita a
Valentino Spataro, curatore di
Civile.it, che in un editoriale appena pubblicato
avverte tutti del siluro sparato dal Governo contro la rete
in pieno agosto e approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre.
La novità è presto detta:
qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al
Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti. Registrazione che porta con sé burocrazia e procedure.
Il
testo parte bene, spiega che "La disciplina prevista dalla presente legge in tema di editoria quotidiana, periodica e libraria ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell'informazione affermato dall'articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati".
Bene, anche perché esplicita che si parla di
editoria e non, ad esempio, di pubblicazioni spurie prive di intenti
editoriali, come può esserlo un sito personale. Il problema, come osserva Spataro, è che poi il testo si contraddice quando va a definire
cosa è un prodotto editoriale.
Una definizione che chi legge
Punto Informatico da almeno qualche anno sa essere già oggi molto spinosa e che, con questo disegno governativo, assume nuovi inquietanti connotati:
"Per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
Chi avesse ancora dei dubbi su
cosa sia
prodotto editoriale può leggere il comma seguente del medesimo articolo, che stabilisce
cosa non è prodotto editoriale:
"Non costituiscono prodotti editoriali quelli destinati alla sola informazione aziendale, sia ad uso interno sia presso il pubblico".
Chi ritenesse che questa definizione non si applichi, per esempio, al proprio blog personale dove pubblica di quando in quando un post, dovrà ricredersi passando al comma successivo dell'articolo 2, il terzo comma, che recita:
La disciplina della presente legge non si applica ai prodotti discografici e audiovisivi.
Il Governo, nel redigere questo disegno di legge, non si è dimenticato, peraltro, dei prodotti editoriali
integrativi o
collaterali che sono quei prodotti,
compresi quelli discografici o audiovisivi, che siano "diffusi unitamente al prodotto editoriale principale".
Rimarrebbe
una scappatoia, quella delle pubblicazioni, on e off line, che sono sì di informazione o divulgazione, o formazione o intrattenimento, ma non sono a scopo di lucro. Rimarrebbe se solo il Governo non ci avesse pensato. Ed invece dedica alla cosa l'intero articolo 5:
"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative".
Un paragrafo che dunque
non lascia scampo ai "prodotti" non professionali, lasciando forse, ma è una questione accademica, un micro-spiraglio a chi non ottiene o non cerca pubblicità di sorta sulle proprie pubblicazioni.
Qualcuno potrebbe pensare che il solleone ad agosto abbia giocato brutti scherzi. In realtà all'articolo 7 viene raccontato il
motivo del provvedimento. Con espresso riferimento a quanto pubblicato online, si spiega che l'iscrizione al ROC serve "anche ai fini delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa".
Senza contare la montagna di introiti extra che il Registro otterrebbe con questa manovra, ne consegue che la giustificazione che viene addotta a questo
abominio nuovo provvedimento sia la necessità di
tutelare dalla diffamazione. Come se fino ad oggi chiunque avesse avuto mano libera nel diffamare chiunque altro. Il che non è, tanto che più volte siti non professionali e altre pubblicazioni online, anche del tutto personali come dei blog, e anche senza alcuna finalità di lucro, si sono ritrovati coinvolti in un processo per diffamazione.
"Potessero, - conclude Spataro - chiederebbero la carta d'identità a chiunque parla in pubblico. Su internet il controllo è più facile. E imporre procedure burocratiche per l'apertura di un blog sarà il modo migliore per far finire l'internet Italiana".